Sono ormai diversi anni che la birra artigianale in Italia vive un vero e proprio boom. Iniziato verso la seconda metà degli anni 2000, il trend ha conosciuto una crescita vertiginosa, fino a raggiungere circa il 4% del mercato nazionale di birra. Allo stesso modo, il numero di produttori, birrifici artigianali, brew firm, birrerie e beer shop è cresciuto a ritmo esponenziale.
La maggiore popolarità ha portato con sé anche un po’ di confusione mediatica, dovuta a chi di questo boom ha cercato di approfittare per ragioni pubblicitarie e commerciali. Il termine “birra artigianale” circola ormai sulla bocca di tutti, a volte con eccessiva superficialità, spesso usato a sproposito.
In questo post proveremo a fare un po’ di chiarezza. Cosa significa birra artigianale? Quali sono le differenze rispetto ad una “birra industriale”? Andiamolo a scoprire.
Cos’è la birra artigianale?
La birra artigianale è un prodotto di particolare qualità che si distingue dalla birra industriale per le seguenti caratteristiche:
- Qualità degli ingredienti utilizzati;
- Processo produttivo che non prevede pastorizzazione nè filtrazione;
- Produzione in quantità limitata;
- Indipendenza del produttore dalle multinazionali della birra;
- Legame con il territorio in cui si produce.
Una delle migliori definizioni di birra artigianale l’ha fornita Lorenzo Dabove, alias Kuaska, uno dei più grandi esperti italiani della materia:
“La birra artigianale è una birra di norma non filtrata, né pastorizzata, creata con ingredienti di altissima qualità e senza l’utilizzo di succedanei da un piccolo produttore in quantità limitate e spesso servita direttamente nel brewpub e/o fornita a pubs, ristoranti o negozi della stessa area geografica”
Anche la politica, seppur dopo una lunga latitanza, ha provveduto a disciplinare il settore varando una legge che mette un po’ di ordine quanto meno in termini di definizione.
La birra artigianale secondo la legge italiana
Nel luglio del 2016 il Parlamento ha approvato una modifica all’articolo 35 della legge 16 agosto 1962, n. 1354 (quella che definisce il termine di “birra doppio malto“), introducendo un nuovo comma che recita:
Si definisce birra artigianale la birra prodotta da piccoli birrifici indipendenti e non sottoposta, durante la fase di produzione, a processi di pastorizzazione e di microfiltrazione.
Ai fini del presente comma si intende per piccolo birrificio indipendente un birrificio che sia legalmente ed economicamente indipendente da qualsiasi altro birrificio, che utilizzi impianti fisicamente distinti da quelli di qualsiasi altro birrificio, che non operi sotto licenza di utilizzo dei diritti di proprietà immateriale altrui e la cui produzione annua non superi 200.000 ettolitri, includendo in questo quantitativo le quantità di birra prodotte per conto di terzi.
Questo testo, ha messo la parola fine a tante dispute, anche legali, che hanno interessato il mondo della birra artigianale italiana per quasi un decennio.
Caratteristiche della birra artigianale
Partiamo quindi da queste due belle definizioni e, sviluppando i punti nel dettaglio, andiamo a capire quali sono le condizioni per definire una birra come “artigianale”.
La qualità degli ingredienti
La birra artigianale è prodotta con ingredienti di qualità, che prescindendono da criteri meramente economici di contenimento dei costi. Spesso l’industria sostituisce le materie prime più costose con versioni più economiche ma qualitativamente inferiori.
Una vera birra artigianale è prodotta senza l’utilizzo di succedanei come ad esempio il mais (chiamato anche granoturco), ingrediente ampiamente utilizzato nella grande industria. Il mais è un sostituto a buon mercato dell’orzo, che permette di aumentare la resa abbassando i costi, ma che non contribuisce in alcun modo al gusto del prodotto finito, anzi, può conferire alla birra un retrogusto di stantio e di scatoletta.
Non è un caso che la birra industriale sia proposta e servita sempre a temperature molto basse che anestetizzano gli odori e ne nascondono i difetti. Provate a bere una birra industriale a temperatura ambiente, quindi fate lo stesso con una birra artigianale. La differenza sarà lampante.
Il processo produttivo
Birra industriale e artigianale differiscono molto nel loro processo produttivo. Le due più grandi differenze sono:
- La birra artigianale non è pastorizzata. La pastorizzazione è un processo che permette una più lunga conservazione e una maggiore stabilità organolettica della birra. Il suo effetto indesiderato è però quello di snaturare le proteine e uccidere i lieviti residui contenuti al suo interno. Per questo ci si riferisce spesso alla birra artigianale come “birra viva“, per intendere un prodotto in divenire, con una propria legittima evoluzione organolettica.
- La birra artigianale non è filtrata. La filtrazione è un processo che permette di chiarificare la birra raccogliendo le sostanze in sospensione. Ha una valenza prettamente estetica e serve a rendere la birra più gradevole alla vista. Anche questo processo, tuttavia, comporta degli svantaggi a livello organolettico, in quanto priva il prodotto di parte delle sue naturali componenti. Esistono diversi tipi e tecniche di filtrazione, di cui alcune “meno invasive”. Per questa ragione, la filtrazione operata da qualche birrificio è talvolta “tollerata” dagli appassionati.
La birra artigianale è definita talvolta anche “birra cruda“, proprio per sottolineare l’assenza di alterazioni durante il processo produttivo. Per aiutarvi a comprendere gli effetti che pastorizzazione e filtrazione hanno sul prodotto finito, pensate alla differenza che passa tra il latte fresco e il latte a lunga conservazione.
La capacità produttiva
A differenza dei primi due criteri, questo non fa riferimento al prodotto ma al produttore. Fino a quando è possibile considerare un birrificio “artigianale”? In Italia è stato convenzionalmente fissato in 200.000 ettolitri l’anno il volume massimo di birra che un birrificio può produrre per essere considerato artigianale.
Si tratta di un limite piuttosto ampio nel quale tuttavia rientra anche il quantitativo prodotto per conto terzi. Basti pensare che negli Stati Uniti lo stesso limite era fino a qualche anno fa di circa 70.000 ettolitri. L’arbitrarietà di tale limite è abbastanza evidente e molti pensano che il volume di tolleranza elevato sia stato previsto ad hoc per far ricadere nell’ambito dell’artigianalità alcuni noti birrifici.
L’indipendenza del birrificio
Interessante punto sviluppato dal legislatore è quello dell’indipendenza del produttore. Il birrificio deve essere completamente slegato da altri grandi gruppi industriali per poter essere considerato artigianale. Cosa significa nel concreto? Che una multinazionale non può creare una società più piccola e dichiararla artigianale solo perché produce in quantità limitata. Significa anche che il birrificio Birra del Borgo, da quando è stato acquistato dal colosso Inbev, non può più essere considerato artigianale a norma di legge.
La territorialità
Ultimo punto è la territorialità, il legame con la terra di origine e la propria comunità, elemento che per alcuni birrai si concretizza anche in una sorta di obbligo morale ad utilizzare materie prime della zona di provenienza, non senza una strizzatina d’occhio al marketing.
Questo elemento non è previsto dalla legge e, dato lo sviluppo di molti birrifici a livello nazionale, sembrerebbe essere stato superato dagli eventi. Molte realtà, soprattutto le più piccole, conservano comunque ancora uno stretto legame con la loro zona di origine.
Altre caratteristiche
Altri elementi che possiamo riscontrare nel panorama della birra artigianale sono:
- la continua sperimentazione del birraio che porta alla produzione di sempre nuove creazioni, all’utilizzo di ingredienti nuovi e originali, alle realizzazione delle famose “one shot” (birre prodotte una tantum senza una frequenza ben definita, talvolta mai più riproposte), in contrapposizione alle produzioni standardizzate e sempre uguali dei grandi gruppi industriali;
- gli obiettivi di business, da potersi ricondurre anche al concetto di “passione”, ovvero il valore aggiunto che il birraio apporta al processo produttivo e che lo induce a caratterizzare il prodotto secondo un proprio credo o “filosofia”, prestando (ma non sempre è vero) meno attenzione ai gusti e alle mode del grande pubblico;
- le caratteristiche del mercato, vivace, in continua evoluzione, soggetto alle fluttuazioni dei gusti e delle tendenze in contrapposizione ad un mercato industriale che da decenni non vede alcun tipo di innovazione e che stenta ad uscire da una situazione di difficile crisi.
La birra artigianale è di migliore qualità?
Una volta snocciolate le nozioni base, vogliateci adesso perdonare il desiderio di esprimere il nostro umile giudizio sulla materia. Birra artigianale è innanzitutto e soprattutto la birra che ci si produce da sè, la birra degli homebrewers, quella fatta in casa con metodo All grain o kit.
“Artigianale” non significa sempre “di qualità”. Seguendo il concetto del “piccolo è bello”, troppo spesso si tende ad associare una produzione limitata, quindi probabilmente soggetta a maggiore controllo da parte del birraio, ad una idea di qualità. Non sempre è così. Non è raro imbattersi in micro-birrifici dalla produzione essenzialmente pessima, come d’altro canto è ben noto come alcuni dei birrifici “artigianali” statunitensi più celebri abbiano da tempo raggiunto e superato i livelli produttivi di alcuni marchi industriali italiani senza per questo perdere in qualità.
La constatazione ci porta quindi a formulare un nuovo pensiero. Troppo spesso abusiamo del termine “birra artigianale” utilizzandolo come un sinonimo di “birra di qualità“. Soprattutto in seguito all’esplosione della moda che ha contagiato gli italiani, sono sorti come funghi marchi e produttori che si fregiano dell’aggettivo “artigianale” come fosse un sigillo di qualità, nascondendo dietro ad esso prodotti mediocri e anonimi.
Assai più importante della definizione è a nostro parere la filosofia produttiva del birraio, fondata sulla volontà di realizzare un prodotto di eccellenza, senza utilizzare scorciatoie o compromessi al ribasso. Un prodotto unico e distinguibile frutto della passione che, prima ancora di quelli del pubblico, soddisfi i gusti del birrario stesso. La territorialità, più che un dovere, dovrebbe essere un’opportunità, oltre che la naturale conseguenza del carattere che il birraio intende imprimere al prodotto.
Come si dice “birra artigianale” in inglese
La traduzione esatta della parola è “craft beer”. I birrai artigianali sono i “craft brewers”, mentre le brew firm sono i birrai che non hanno un proprio impianto di produzioni e si appoggiano quindi a birrifici già esistenti che noleggiano loro le attrezzature. Sembra scontato ma dato che in molti ce lo chiedono spesso, abbiamo pensato di dare qui la risposta.
Come produrre birra artigianale
Ora che il concetto è chiaro, vi lasciamo con qualche consiglio per iniziare a produrre birra artigianale in casa vostra. La birra in casa può essere prodotta essenzialmente con due tecniche:
- Birra in kit;
- Birra All grain.
La prima è più facile e alla portata di tutti. La seconda richiede maggiore esperienza e impegno. Se volete provare anche voi, vi suggeriamo di consultare le nostre guide per Fare la birra in kit o Fare la birra All Grain. Il primo passo per tutti di solito consiste nell’acquisto di un kit fai da te con tutto il necessario per iniziare.
Buona birra artigianale a tutti!