HomeLuppoliSorachi Ace, dal Giappone con furore

Sorachi Ace, dal Giappone con furore

Il luppolo Sorachi Ace nasce in Giappone negli anni ’70 come tentativo di creare una variante del Saaz con maggiore contenuto di alpha acidi. Il suo creatore è il Dottor Yoshitada Mori che in quel tempo lavorava presso il birrificio Sapporo. Mori effettuò degli incroci tra il Brewer’s Gold e il Saaz. Il rizoma così ottenuto fu incrociato nuovamente con il Beikei, un luppolo autoctono giapponese.

I risultati ottenuti non risposero esattamente alle aspettative. Questa nuova varietà, definita “strana” dai suoi creatori non riscosse il successo sperato. Venne coltivato in piccole quantità nella zona di Sapporo e in alcune piantagioni in Cina ma il suo uso rimase pressochè nullo.

La storia del Sorachi Ace sarebbe finita qui se non fosse stato per l’Università dell’Oregon e della USDA, il Dipartimento per lo sviluppo dell’agricoltura del governo statunitense, che nel 1994 recuperarono alcuni rizomi e li introdussero nelle loro piantagioni sperimentali. Nel 2006, fu rilasciato in commercio negli Stati Uniti.

La fortuna del Sorachi Ace arrivò nel 2009. Alcune birrerie si trovarono in difficoltà nel reperire luppoli ad alto contenuto di alpha acidi per la loro produzione a causa di una penuria generale riscontrata nel 2007-2008. Fu a questo punto che la Brooklyn Brewing Company lo scelse per produrre la sua Sorachi Ace Farmhouse Saison.

Nonostante la temporanea notorietà il Sorachi rimase un luppolo di nicchia, non particolarmente utilizzato e amato dai birrai, probabilmente per il suo carattere particolare e fuori dagli schemi.

Aroma e caratteristiche

Generalmente utilizzato per l’amaricatura, il Sorachi Ace si presta molto bene anche per l’aggiunta a fine bollitura e dry-hopping. Presenta per lo più aromi agrumati intensi e interessanti di limone, talvolta descritti anche come cetriolino sottaceto, ma anche di coriandolo, aneto, thè e menta verde.

Se doveste decidere di utilizzarlo in dry hopping state attenti a non esagerare con le quantità. Alcuni segnalano che i toni di “aneto” rischiano infatti di risultare invadenti e fastidiosi.

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