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Birra alla melagrana

Ben ritrovati agli amici di Birra degli Amici! Un’idea che ci frullava in testa da parecchio tempo: realizzare una birra estrema, nelle tecniche e negli ingredienti, ma che abbia anche un certo legame con la nostra storia. La ricetta che vi proponiamo oggi è la birra alla melagrana.

Il melograno è un albero tipico della nostra vegetazione e il caso vuole che nel nostro giardino che ne sia prorio un bell’esemplare che produce ogni anno grossi e bellissimi frutti. Come resistere alla tentazione? Eravamo curiosi di provare l’effetto nella birra dell’odore un po’ selvatico che caratterizza il succo delle melagrane.

Per la fermentazione delle birre alla melagrana utilizzeremo una damigiana (o carboy, se vogliamo fare gli international) da 5 litri, di modo che questo esperimento non intralci la nostra regolare produzione, ma soprattutto per evitare che il possibile fallimento non sia troppo doloroso e oneroso.

Con un volume così basso, potremo tranquillamente realizzare le nostre ricette in cucina, senza scomodare l’ingombrante mole dell’impianto. Per raccontarvi la nostra esperienza utilizzeremo il solito stile di Birra degli Amici, chiaro, sobrio e soprattutto sincero, senza nascondervi fallimenti, gaffes e cappellate varie (non mancheranno, vedrete).

Per la ricetta siamo partiti dalla tradizione belga delle Lambic e delle West Flanders Red. Abbiamo realizzato un ibrido utilizzando gli ingredienti del Lambic e l’ammostamento di una Flemish. In particolare, abbiamo usato un 60% di malto pils ed un 40% di fiocchi di frumento, un luppolo Saaz invecchiato tre anni, quindi povero di alfa acidi (e probabilmente anche un po’ ossidato) ma ancora utile in funzione antisettica, ed un lievito S-04 per mantenere l’aroma finale abbastanza pulito e non aggiungere esteri troppo invadenti.

malto-pils

Abbiamo fatto un rapido protein rest a 54° per 10′, quindi pausa di 40′ a 63° e di nuovo di 30′ a 72°. Abbiamo chiuso con mash-out, quindi filtrazione in fly-sparge. L’acqua utilizzata era abbastanza dura (Guizza), anche per questo abbiamo mantenuto il rapporto acqua/malto molto basso, 2.5 litri/1Kg. Nonostante questo, abbiamo comunque dovuto correggere il pH con una punta di acido lattico.

L’intenzione era anche quella di scimmiottare il turbid mash, una tecnica di ammostamento molto particolare, sviluppata a concentrazioni altissime, che rende il mosto particolarmente accogliente per i lieviti selvaggi delle fiandre. Il risultato è stata una vera e propria zuppa di facioli che in filtrazione ci ha fatto sudare sette camicie!

Per finire, tanto per incasinare il tutto, abbiamo aggiunto a fine bollitura 25g di bucce d’arancia.

bucce-arancia

Og bassissima, 1030. Non tiene però conto degli zuccheri che aggiungeremo in seconda fermentazione attraverso il succo di melagrana. Sarà quest’ultimo, pastorizzato in maniera molto blanda, ad infettare il mosto e ad avviare la fermentazione “selvaggia”. Attraverso l’aggiunta in seconda fermentazione speriamo anche di donare una maggiore caratterizzazione olfattiva alla birra.

Per la realizzazione della ricetta ci siamo aiutati con il libro di Jeff Sparrow (capitano Jeff Sparrow) “Wild Brews“.

Ulteriori dettagli li trovate nel post sui Libri utili per fare la birra.

Per adesso lasciamo fermentare il mosto ai saccharomyces. Solo fra qualche giorno faremo entrare in azione i “barbari selvaggi” presenti nel succo di melagrana.

fermentazione-birra-damigiana

Aggiornamento

Eccoci al secondo atto della nostra piccola sperimentazione birraia. La birra è in fermentazione da due settimane e una lieve pellicola bianca e schiumosa si è formata in cima al fermentatore. Cosa è successo in questo lasso di tempo?

La scorsa settimana, terminata la prima fase di fermentazione vigorosa, abbiamo aggiunto al mosto della spremuta di melagrana. Non era tanta quanto avremmo desiderato (solo 0,4 L su 4 L di mosto) ma è comunque qualcosa. La stagione delle melagrane infatti è ormai lontana e le ultime superstiti del raccolto di ottobre erano per lo più raggrinzite o marce. Abbiamo selezionato quelle ancora buone e ci siamo segnati per il prossimo anno di svegliarci per tempo.

Per prima cosa abbiamo sgranato tre melagrane di media grandezza, avendo l’accortezza di eliminare la parte gialla (amara) e per quanto possibile la pellicola biancastra che racchiude i chicchi. Abbiamo quindi passato il tutto nel passaverdure ottenendo un succo scuro, denso, profumato e privo di semi.

Prima di aggiungerlo al fermentatore, abbiamo pastorizzato blandamente questa sorta di spremuta per 30 minuti a 60°, riportandola poi rapidamente a temperatura ambiente per immersione in una vasca piena d’acqua gelida. Lo scopo era di non introdurre nella birra una eccessiva quantità di batteri e lieviti selvaggi.

Con l’aggiunta della melagrana pigiata il mosto ha assunto una tonalità ambrata e si è anche arricchito di notevoli “residui” della pigiatura. Attendiamo un’altra settimana (anche qualcosa in più) prima di imbottigliare e di aggiornarvi nuovamente sull’evolversi della situazione.

Aggiornamento (2):
La birra non si è infettata. E questo è già un buon risultato. Il succo di melagrana probabilmente era troppo poco perchè la caratterizzazione olfattiva è veramente minima. Il vero problema è stato il luppolo. Nonostante i tre anni aveva conservato il suo potere amaricante e la birra è venuta molto amara. Consigliamo quindi di ridurre la quantità di luppolo e aumentare quella di succo di melagrana.

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4 Commenti

  1. Ciao a tutti,
    è un bell’esperimento ,non demordete!Ma come avete realizzato il fly sparge con le attrezzature casalinghe?non serve un fondo filtrante? Per questi esperimenti(che presto intraprenderò anch’io)pensavo di realizzare piccoli volumi con l’estratto e poi,una volta presa dimestichezza, provare l’ag su 25l. Che ne dite?

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